Il mare è splendido, una tavola. Da tre giorni circa le condizioni atmosferiche sono immutate. Altro che Caraibi, un paradiso. Davanti la consolle, si vedono le lenze scorrere in mare, tenute giù dall'affondatore. L'andatura lenta di 2/3 nodi concilia il sonno del pomeriggio. Una bellissima giornata di mare. Gli altri, distesi sulla cuscinerìa di prua, dormicchiano beati, in parte coperti dal tendalino per cercare di schermare la forza del sole che, anche se sono le cinque del pomeriggio, picchia ancora duro sulla pelle.
Ora bisogna rientrare. Un breve calcolo nella mente. Con questo mare si possono tenere tranquillamente i 15 nodi di media. Come minimo. In meno di mezz'ora si rientra in porto.
Nessuno tocchi niente. Non ci si può fidare di questi principianti. Eppoi c'è una sacralità che bisogna rispettare. Mica puoi raccogliere la sagola così come capita. E se poi devi scioglierla rapidamente? Se non lo fai bene ti ritrovi con una serie di nodi da districare. Niente da fare. Tutti fermi. Non vi azzardate a toccare nulla. Incompetenti. Tutti devono sempre ricordare che il comandante è sempre, perennemente, coscientemente incazzato. Ce l'ha con tutti, perchè nessuno, dico nessuno, sa fare le cose bene. E se anche per caso qualcuno ci riuscisse, compito precipuo del capitano è quello di incazzarsi comunque. E cazziare, cazziare sempre e tutti.
Si parte. Il carico va distribuito bene. Metti sotto il secchio, assicura la sagola alla consolle, niente agitazione. Poi solo il rumore del motore. Su il trim, giusto quanto serve a fare planare questa barca.
In fondo all'orizzonte però, qualcosa non quadra. Troppe nuvole scure, minacciose improvvise. Tempo cinque minuti un vento fastidioso, teso e di prua. Viene dritto da sud-est, esattamente dove c'è il porto e reca con se dapprima delle increspature, poi della onde sempre più fitte e profonde. Ecco la punta di Capo Gallo; cominciano le maledizioni. Non si può dimenticare di consultare le previsioni, neanche per una giornata, neanche per mezza giornata.
La barca è preoccupata. Guardano senza parlare, aspettano.
E' impossibile prendere direzione sud-est, troppo pericoloso. Si deve virare verso est, verso il mare aperto e, senza esitazioni. Giù i giri del motore, indosso i giubotti di salvataggio. Tenuti al tientibene. E soprattutto niente panico. Tutti guardano preoccupati perchè la direzioine allontana la barca dalla mèta, dalla riva. Non sempre però la via più corta porta verso il paradiso.
Altro che 15 nodi, se va bene si va a 4/5 nodi , velocità da traina o quasi. Più la barca si allontana dalla riva più la tensione cresce. Il mare però, preso di mascone, è meno ruvido, più addomesticabile e soprattutto sbatte di meno sulla chiglia, abbaia ma non morde. La barca scende lentamente nel cavo delle onde e quando tocca il punto più basso, la riva scompare alla vista. E scompare anche il porto che ora si vede di dritta e non di prua. Altra virata. Questa volta il mare lo prendi di babordo ed è meno aspro. Il punto di vista cambia all'improvviso, il suo colore sembra meno cupo. Un'occhiata alla lancetta della benzina. Nessun problema.
Ancora mezz'ora di sofferenza poi l'attracco, la stanchezza nelle ossa. Nessun applauso ma gli sguardi grati come ricompensa per la fatica. Il ragazzo del moletto ti sfotte 'Che professo. Stasira un si vuliva arricampari?'. Le parole e il tono di Franco, invece, tradiscono una preoccupazione tenuta dentro per un pò. 'Un ci funziona u telefonino?'
Leghi la barca, aggiungi una nuova cima. Forse stanotte gira a Greco. 'Franco, si ci su problemi, isassi a varca'.
Raccogli le trusce e ti avvii. In mare non ci sono taverne.
Nessuno tocchi niente. Non ci si può fidare di questi principianti. Eppoi c'è una sacralità che bisogna rispettare. Mica puoi raccogliere la sagola così come capita. E se poi devi scioglierla rapidamente? Se non lo fai bene ti ritrovi con una serie di nodi da districare. Niente da fare. Tutti fermi. Non vi azzardate a toccare nulla. Incompetenti. Tutti devono sempre ricordare che il comandante è sempre, perennemente, coscientemente incazzato. Ce l'ha con tutti, perchè nessuno, dico nessuno, sa fare le cose bene. E se anche per caso qualcuno ci riuscisse, compito precipuo del capitano è quello di incazzarsi comunque. E cazziare, cazziare sempre e tutti.
Si parte. Il carico va distribuito bene. Metti sotto il secchio, assicura la sagola alla consolle, niente agitazione. Poi solo il rumore del motore. Su il trim, giusto quanto serve a fare planare questa barca.
In fondo all'orizzonte però, qualcosa non quadra. Troppe nuvole scure, minacciose improvvise. Tempo cinque minuti un vento fastidioso, teso e di prua. Viene dritto da sud-est, esattamente dove c'è il porto e reca con se dapprima delle increspature, poi della onde sempre più fitte e profonde. Ecco la punta di Capo Gallo; cominciano le maledizioni. Non si può dimenticare di consultare le previsioni, neanche per una giornata, neanche per mezza giornata.
La barca è preoccupata. Guardano senza parlare, aspettano.
E' impossibile prendere direzione sud-est, troppo pericoloso. Si deve virare verso est, verso il mare aperto e, senza esitazioni. Giù i giri del motore, indosso i giubotti di salvataggio. Tenuti al tientibene. E soprattutto niente panico. Tutti guardano preoccupati perchè la direzioine allontana la barca dalla mèta, dalla riva. Non sempre però la via più corta porta verso il paradiso.
Altro che 15 nodi, se va bene si va a 4/5 nodi , velocità da traina o quasi. Più la barca si allontana dalla riva più la tensione cresce. Il mare però, preso di mascone, è meno ruvido, più addomesticabile e soprattutto sbatte di meno sulla chiglia, abbaia ma non morde. La barca scende lentamente nel cavo delle onde e quando tocca il punto più basso, la riva scompare alla vista. E scompare anche il porto che ora si vede di dritta e non di prua. Altra virata. Questa volta il mare lo prendi di babordo ed è meno aspro. Il punto di vista cambia all'improvviso, il suo colore sembra meno cupo. Un'occhiata alla lancetta della benzina. Nessun problema.
Ancora mezz'ora di sofferenza poi l'attracco, la stanchezza nelle ossa. Nessun applauso ma gli sguardi grati come ricompensa per la fatica. Il ragazzo del moletto ti sfotte 'Che professo. Stasira un si vuliva arricampari?'. Le parole e il tono di Franco, invece, tradiscono una preoccupazione tenuta dentro per un pò. 'Un ci funziona u telefonino?'
Leghi la barca, aggiungi una nuova cima. Forse stanotte gira a Greco. 'Franco, si ci su problemi, isassi a varca'.
Raccogli le trusce e ti avvii. In mare non ci sono taverne.
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