Mi sono tuffato dentro ed ora devo nuotare, in una lunga apnea dalla quale non so come uscirò. Ma chi se la cerca la trova, quindi, animo e via! Esploriamo questi nuovi fondali. Cosa ci troverò? Relitti abbandonati di galeoni spagnoli? Residui della civiltà umana? Sporcizia e degrado? Ve lo saprò dire quando riemergerò. A luglio prossimo.
sabato 28 febbraio 2009
Com'è profondo il mare
Mi sono tuffato dentro ed ora devo nuotare, in una lunga apnea dalla quale non so come uscirò. Ma chi se la cerca la trova, quindi, animo e via! Esploriamo questi nuovi fondali. Cosa ci troverò? Relitti abbandonati di galeoni spagnoli? Residui della civiltà umana? Sporcizia e degrado? Ve lo saprò dire quando riemergerò. A luglio prossimo.
domenica 22 febbraio 2009
Lezioni dal mare 4
Il sole delle cinque scavava ancora piccole tracce di salsedine sulla pelle, mentre scompariva lentamente dietro l'isolotto. Disteso, la testa leggermente sollevata, scrutavo dal mare il mare, una tavola da biliardo i cui birilli erano i gavitelli dell'Avamposto. Una di quelle rare giornate di mare che solo giugno ti regala e che ti capitano di rado, forse una o due volte all'anno, frutto di un concatenarsi di eventi favorevoli: il mare piatto ma trasparente, l'assenza di meduse in mare, una temperatura calda ma non eccessivamente afosa e infine, dulcis in fundo, poche, pochissime barche intorno, in quel lunedì di inizio giugno. Mentre gustavo la solitudine del mare scrutando davanti a me, schermato dalle lenti da sole, riflettevo su quello che il mare nascondeva, e in particolare pensavo a quell'aereo tedesco, il Junkers-52 inabissatosi un giorno dell'estate del 42 nello specchio del mare di Barcarello. Tracce lasciate dall'uomo che si sovrappongono ad altre, sin dall'alba della sua esistenza; resti di navi affondate, sbattute contro quello che era l'istmo dell'isolotto, successivamente spazzato via dai marosi per far posto allo stretto corridoio di mare che oggi esalta il paesaggio di Isola. Ma, più recentemente, telefonini abbandonati per una distratta apnea dei loro proprietari, o peggio lenze, reti dimenticate o volutamente tagliate da pescatori rapaci!
Quanta violenza ricevuta e procurata! Sempre coerentemente però con la mutevolezza del carattere di cui, in quel preciso momento, godevo solo della parte più placida e rilassante che tuttavia prevede nel suo repertorio anche manifestazioni meno docili per il navigante. Il rapido mutare degli eventi atmosferici con repentine burrasche , il sollevarsi improvviso di venti avversi, le mareggiate inattese dai più ma saggiamente previste dai meno.
Quella giornata di giugno mi invitava a cogliere il momento propizio, ad essere sempre pronto e ricettivo, quando è giusto essere il protagonista di eventi non usuali, difficilmente ripetibili, ma in ogni caso ricercati, quasi agognati per tutta una stagione. Non è giusto distrarsi perchè le occasioni il mare non te le concede facilmente ma, al contrario, la loro reiterazione è difficile, se non casuale e contingente. Tali momenti invece hanno qualcosa di magico e valgono il biglietto di una stagione intera, una prima al teatro che non ti è consentito perdere, che non devi permettere che altri ti raccontino perchè va vissuta in prima persona.
Quella giornata di giugno mi invitava a cogliere il momento propizio, ad essere sempre pronto e ricettivo, quando è giusto essere il protagonista di eventi non usuali, difficilmente ripetibili, ma in ogni caso ricercati, quasi agognati per tutta una stagione. Non è giusto distrarsi perchè le occasioni il mare non te le concede facilmente ma, al contrario, la loro reiterazione è difficile, se non casuale e contingente. Tali momenti invece hanno qualcosa di magico e valgono il biglietto di una stagione intera, una prima al teatro che non ti è consentito perdere, che non devi permettere che altri ti raccontino perchè va vissuta in prima persona.
martedì 17 febbraio 2009
Se incontro il destino gli spacco la faccia!
Certe volte penso che il destino si accanisca sempre con le stesse persone, con cattiveria, in modo ripetuto, senza dare scampo, senza dare respiro. Appena sollevi un attimo la testa, appena provi a schiudere la bocca in un timido sorriso, ecco che il destino è lesto a colpirti, a finirti.
In queste ultime ore sono molto vicino a R., anche se so che non potrò darle nessun concreto aiuto, non potrò lenire nemmeno per un attimo la sua sofferenza. Eppure penso che il nostro compatire (nel significato di soffrire insieme), qualche cosa dovrà pur significare, cazzo! Qualcosa dovrà pur significare questo nostro raccoglimento! Uniamo le nostre energie mentali, le nostre empatìe, e facciamogliele avere, trasmettiamogliele con la mente e col cuore.
Grazie.
In queste ultime ore sono molto vicino a R., anche se so che non potrò darle nessun concreto aiuto, non potrò lenire nemmeno per un attimo la sua sofferenza. Eppure penso che il nostro compatire (nel significato di soffrire insieme), qualche cosa dovrà pur significare, cazzo! Qualcosa dovrà pur significare questo nostro raccoglimento! Uniamo le nostre energie mentali, le nostre empatìe, e facciamogliele avere, trasmettiamogliele con la mente e col cuore.
Grazie.
sabato 14 febbraio 2009
Smettiamola con le insinuazioni
Vorrei smentire in modo definitivo quanto di male si dice intorno alla qualità dell'insegnamento della pratica sportiva nelle nostre scuole. Nel corso della mia oramai trentennale carriera di docente, ho potuto visitare personalmente scuole di diversi paesi europei e vi posso assicurare che i nostri docenti di educazine fisica poco o nulla hanno da invidiare ai loro colleghi europei.
In particolare mi vorrei soffermare sulla didattica della disciplina che è veramente all'avanguardia, pronti come sono i docenti a recepire tutte le innovazioni, in materia, provenienti dai diversi continenti del mondo. A tal fine vi parlerò di due pratiche didattiche estremamente diffuse nelle scuole della repubblica con particolare riguardo a quelle del sud e di Palermo in particolare.
La prima nasce dall'idea ingegnosa di un docente ungherese un certo Nofài Ungàs il quale ha definitivamente risolto l'annoso problema dell'indolenza adolescenziale. Tale pratica è pervenuta a noi attraverso la Finlandia, paese in cui essa viene attuata in tutte le scuole e prevede un protocollo piuttosto rigoroso. Il professre, infatti, dopo aver raccolto attorno a sè tutti i suoi alunni pronuncia la frase finnica ''tèkkaupallùni'' che significa ''date sfogo alle vostre frustrazioni''. Al suono di queste magiche parole gli alunni si scatenano in una sorta di danza collettiva tribale che si svolge, secondo regole codificate, attorno a una sfera magica che essi fanno rapidamente circolare di piede in piede. Il docente sorveglia attentamente lo svolgimento della pratica ma spesso, per meglio responsabilizzare i discenti, è obbligato a allontanarsi per poter accertare il livello di autodeterminazione e autogestione degli stessi.
La seconda attività, che ha medesimi obiettivi ma pratica radicalmente opposta, nasce da un'insegnante del New Mexico, la professoressa Ana Carla Amàtola la quale l'ha introdotta nella propria scuola sin dagli anni settanta con lo scopo di far scaricare ai propri alunni le tensioni accumulate nel corso della giornata e che la nostra scuola ha immediatamente recepita reputandola idonea alla bisogna.La prima nasce dall'idea ingegnosa di un docente ungherese un certo Nofài Ungàs il quale ha definitivamente risolto l'annoso problema dell'indolenza adolescenziale. Tale pratica è pervenuta a noi attraverso la Finlandia, paese in cui essa viene attuata in tutte le scuole e prevede un protocollo piuttosto rigoroso. Il professre, infatti, dopo aver raccolto attorno a sè tutti i suoi alunni pronuncia la frase finnica ''tèkkaupallùni'' che significa ''date sfogo alle vostre frustrazioni''. Al suono di queste magiche parole gli alunni si scatenano in una sorta di danza collettiva tribale che si svolge, secondo regole codificate, attorno a una sfera magica che essi fanno rapidamente circolare di piede in piede. Il docente sorveglia attentamente lo svolgimento della pratica ma spesso, per meglio responsabilizzare i discenti, è obbligato a allontanarsi per poter accertare il livello di autodeterminazione e autogestione degli stessi.
Anche qui il docente raccoglie intorno a sè gli alunni e, senza pronunciare una sola parola, trasmette loro la consegna. Essi poi, in modo del tutto spontaneo, sia da soli che per piccoli gruppi, si allontanano vagando all'interno e fuori dalla palestra, alla ricerca della concentrazione assoluta . Talora quindi li si può incontrare sia dentro che fuori la scuola spinti da un irrefrenabile impulso verso la libertà. Altre volte invece li si vede sostare pacatamente nei pressi di attrezzature che dispensano conforti ai loro bisogni primari. Detta pratica viene definita ''Arundi Ite'', incitazione spagnola che significa ''Concentrazione Itinerante''.
venerdì 13 febbraio 2009
Il mio amico G
Conosco il mio amico G da oramai quasi 20 anni e da quasi 2 lustri è anche il mio medico, anzi il medico della nostra famiglia.
Per molti aspetti io e lui siamo molto simili: abbiamo due figli, una moglie (diversa), la stessa moto (lo Scarabeo, ma lui ha comprato quella più potente per fare brodo e poi rinfacciarmi che ha la moto più grossa della mia) , una barca (anche qui la sua è più grossa anche se la mia, seppure più piccola, funziona meglio ed è, a paragone della sua, più potente).
Inoltre pur svolgendo due attività in apparenza abbastanza lontane tra loro, abbiamo lo stesso approccio ''integralista'' al lavoro. Infatti affrontiamo entrambi la nostra professione sapendo di offrire un servizio pubblico per il quale siamo pagati (io poco a dire il vero, lui di più) e che affrontiamo con scrupolo e rigore, sapendo che dal nostro impegno dipende anche la salute fisica (per lui) e mentale (per me) della nostra utenza. Tanto per capirci meglio il mio amico G ha uno schedario aggiornato che gli consente di ricostruire tutta la storia medica di ognuno dei suoi pazienti (che spesso però sono un pò impazienti). Può risalire per esempio al 10 febbraio del 1985 quando hai avuto un attacco di diarrea dovuto ad un consumo esagerato di carciofi ''ammutunati''; oppure può risalire alla marca e al gusto del ghiacciolo che hai utilizzato il 20 agosto del 1991 quale lenitivo di uso topico per attenuare una crisi acuta di emorroidi.
Ultimamente anche lui, come me, si è un pò imborghesito, buttandosela sulla lagnusìa per cui, a differenza di quando era giovane, si permette ''persino'' di andare in ferie.
Un'altra caratteristica che ci accomuna è una certo estro nel modo di ''porci'' verso gli altri. A dire il vero lui è molto più ''estroso'' di me, e glielo ricordo sempre anche se, ultimamente, manco io babbìo.
La prima volta che siamo partiti insieme, nell'aprile del 1990, mi ricordo che palesò subito la sua stravaganza. La mattina, del secondo giorno, appena alzato, mi ritrovavo a passare davanti la porta della sua stanza d'hotel. Probabilmente invitato dalla moglie ad affrettare i preparativi per non arrivare in ritardo all'appuntamento, uscì dalla stanza con le brache calate dicendo ''Mica ci posso andare in mutande''. E lì lo sorpresi io.
Inoltre pur svolgendo due attività in apparenza abbastanza lontane tra loro, abbiamo lo stesso approccio ''integralista'' al lavoro. Infatti affrontiamo entrambi la nostra professione sapendo di offrire un servizio pubblico per il quale siamo pagati (io poco a dire il vero, lui di più) e che affrontiamo con scrupolo e rigore, sapendo che dal nostro impegno dipende anche la salute fisica (per lui) e mentale (per me) della nostra utenza. Tanto per capirci meglio il mio amico G ha uno schedario aggiornato che gli consente di ricostruire tutta la storia medica di ognuno dei suoi pazienti (che spesso però sono un pò impazienti). Può risalire per esempio al 10 febbraio del 1985 quando hai avuto un attacco di diarrea dovuto ad un consumo esagerato di carciofi ''ammutunati''; oppure può risalire alla marca e al gusto del ghiacciolo che hai utilizzato il 20 agosto del 1991 quale lenitivo di uso topico per attenuare una crisi acuta di emorroidi.
Ultimamente anche lui, come me, si è un pò imborghesito, buttandosela sulla lagnusìa per cui, a differenza di quando era giovane, si permette ''persino'' di andare in ferie.
Un'altra caratteristica che ci accomuna è una certo estro nel modo di ''porci'' verso gli altri. A dire il vero lui è molto più ''estroso'' di me, e glielo ricordo sempre anche se, ultimamente, manco io babbìo.
La prima volta che siamo partiti insieme, nell'aprile del 1990, mi ricordo che palesò subito la sua stravaganza. La mattina, del secondo giorno, appena alzato, mi ritrovavo a passare davanti la porta della sua stanza d'hotel. Probabilmente invitato dalla moglie ad affrettare i preparativi per non arrivare in ritardo all'appuntamento, uscì dalla stanza con le brache calate dicendo ''Mica ci posso andare in mutande''. E lì lo sorpresi io.
Cambio nome
E' un anno che ho cambiato il nome di battesimo e nessuno se ne è accorto.
La decisione è avvenuta dopo lunga e profonda meditazione ed è motivata. Mia madre mi ha sempre detto che porto il nome di suo padre. Ma qui sta il problema! Mio nonno si chiamava sì Giovanni ma non Giovanni Battista festeggiato il 24 giugno bensì Giovanni Nepomuceno. festeggiato il 16 maggio. Perchè dunque dovrei festeggiare un santo che non è quello originario di mio nonno. Sempre mia madre afferma che la scelta è stata fatta proprio perchè Giovanni Nepomuceno è del tutto sconosciuto dalle nostre parti, mentre Giovanni Battista è uno dei santi che proprio a Palermo è più conosciuto e venerato. Sta di fatto che pur avendo comunicato ad amici e parenti la data del mio nuovo onomastico nessuno se ne è ricordato, compresa mia madre che mi ha festeggiato, come del resto tutti gli altri, sempre il 24 giugno.
Sul Battista si sa molto per cui mi asterrò da qualsiasi riferimento alla vita. Eccovi, invece, alcune brevi notizie, tratte dalla rete, su S.Giovanni Nepomuceno.
Nacque nel 1330 a Napomuk, in Boemia, fu consacrato sacerdote a Praga e divenne predicatore di corte del re Venceslao. La moglie del re, Giovanna di Baviera, conosciutolo, lo scelse come confessore. Il re, corrotto, sospettava che Giovanna gli fosse infedele e la tormentava spesso per conoscere ciò che esisteva solo nella sua mente. Si rivolse così a Giovanni per conoscere le confessioni della donna. Ma il santo si rifiutò di rispondere. Nonostante le minacce Giovanni si mostrò inflessibile. Tale fermezza gli costò la condanna ad essere gettato nel fiume Moldava. Sul ponte della città tra il sesto e il settimo pilastro venne gettato nella corrente. Il mattino seguente il corpo venne ritrovato sulle rive del fiume circondato da una strana luce; ciò sarebbe accaduto il 16 maggio del 1383. Il luogo della sua esecuzione, il Ponte Carlo è tuttora luogo di venerazione e viene ricordato da una lapide; secondo la credenza popolare toccando la lapide con la mano sinistra si avrà fortuna per i successivi 10 anni.
Quando nel 1719 la sua tomba nella cattedrale di Praga fu aperta, fu dichiarato che la sua lingua era stata trovata incorrotta, per quanto raggrinzita. Egli è dunque protettore degli alluvionati, degli annegati e dei ponti.
Non so perchè, ma alla fine c'è qualcosa nella vita di questo santo che mi avvicina a lui. Voi che ne pensate? Provate a toccarmi la lapide, forse anche voi avrete fortuna per i prossimi 10 anni.
La decisione è avvenuta dopo lunga e profonda meditazione ed è motivata. Mia madre mi ha sempre detto che porto il nome di suo padre. Ma qui sta il problema! Mio nonno si chiamava sì Giovanni ma non Giovanni Battista festeggiato il 24 giugno bensì Giovanni Nepomuceno. festeggiato il 16 maggio. Perchè dunque dovrei festeggiare un santo che non è quello originario di mio nonno. Sempre mia madre afferma che la scelta è stata fatta proprio perchè Giovanni Nepomuceno è del tutto sconosciuto dalle nostre parti, mentre Giovanni Battista è uno dei santi che proprio a Palermo è più conosciuto e venerato. Sta di fatto che pur avendo comunicato ad amici e parenti la data del mio nuovo onomastico nessuno se ne è ricordato, compresa mia madre che mi ha festeggiato, come del resto tutti gli altri, sempre il 24 giugno.
Sul Battista si sa molto per cui mi asterrò da qualsiasi riferimento alla vita. Eccovi, invece, alcune brevi notizie, tratte dalla rete, su S.Giovanni Nepomuceno.
Nacque nel 1330 a Napomuk, in Boemia, fu consacrato sacerdote a Praga e divenne predicatore di corte del re Venceslao. La moglie del re, Giovanna di Baviera, conosciutolo, lo scelse come confessore. Il re, corrotto, sospettava che Giovanna gli fosse infedele e la tormentava spesso per conoscere ciò che esisteva solo nella sua mente. Si rivolse così a Giovanni per conoscere le confessioni della donna. Ma il santo si rifiutò di rispondere. Nonostante le minacce Giovanni si mostrò inflessibile. Tale fermezza gli costò la condanna ad essere gettato nel fiume Moldava. Sul ponte della città tra il sesto e il settimo pilastro venne gettato nella corrente. Il mattino seguente il corpo venne ritrovato sulle rive del fiume circondato da una strana luce; ciò sarebbe accaduto il 16 maggio del 1383. Il luogo della sua esecuzione, il Ponte Carlo è tuttora luogo di venerazione e viene ricordato da una lapide; secondo la credenza popolare toccando la lapide con la mano sinistra si avrà fortuna per i successivi 10 anni.
Quando nel 1719 la sua tomba nella cattedrale di Praga fu aperta, fu dichiarato che la sua lingua era stata trovata incorrotta, per quanto raggrinzita. Egli è dunque protettore degli alluvionati, degli annegati e dei ponti.
Non so perchè, ma alla fine c'è qualcosa nella vita di questo santo che mi avvicina a lui. Voi che ne pensate? Provate a toccarmi la lapide, forse anche voi avrete fortuna per i prossimi 10 anni.
lunedì 9 febbraio 2009
Mi piace il varietà
Resto sempre stupito dalla facilità con la quale alcuni (pochi per fortuna) colleghi, di fronte alle varietà di motivazioni che si celano dietro a un voto insufficiente, riescano sempre a trovare una soluzione adatta a risolvere definitivamente il problema incontrato dall'alunno. Ecco di seguito solo alcuni esempi rappresentativi di tale varietà.
Problema: alunno con difficoltà nel metodo di studio
Soluzione: ''Ti devi impegnare di più''
Problema: alunno con poca motivazione
Soluzione: ''Potresti impegnarti di più''
Problema: alunno con difficoltà di concentrazione
Soluzione: ''Dovresti impegnarti di più''
Problema: alunno con una situazione di famiglia problematica
Soluzione: ''Sarebbe meglio se tu ti impegnassi di più''
Problema: alunno con difficoltà di memorizzazione
Soluzione: ''Sarebbe auspicabile un impegno più costante''
Problema: alunno con delle competenze di base lacunose
Soluzione: ''Mi apetto un maggiore impegno''
Problema: alunno con difficoltà espressive
Soluzione: ''Si richiede un impegno più sostenuto''
Problema: alunno con difficoltà di comprensione
Soluzione: ''Mi augurerei una decisa svolta nell'impegno''
Problema: alunno con difficoltà di argomentazione
Soluzione: ''Necessiti di un impegno più rigoroso''
Problema: alunno con povertà di lessico
Soluzione: ''E' necessario un impegno sostenuto''
Problema: alunno non vedente
Soluzione: ''Vedi di impegnarti di più''
Problema: alunno sordomuto
Soluzione: ''Servirebbe un impegno più sentito''
Problema: alunno con problemi di mobilità
Soluzione: ''Mi aspetto un deciso balzo in avanti nell'impegno''
Soluzione: ''Ti devi impegnare di più''
Problema: alunno con poca motivazione
Soluzione: ''Potresti impegnarti di più''
Problema: alunno con difficoltà di concentrazione
Soluzione: ''Dovresti impegnarti di più''
Problema: alunno con una situazione di famiglia problematica
Soluzione: ''Sarebbe meglio se tu ti impegnassi di più''
Problema: alunno con difficoltà di memorizzazione
Soluzione: ''Sarebbe auspicabile un impegno più costante''
Problema: alunno con delle competenze di base lacunose
Soluzione: ''Mi apetto un maggiore impegno''
Problema: alunno con difficoltà espressive
Soluzione: ''Si richiede un impegno più sostenuto''
Problema: alunno con difficoltà di comprensione
Soluzione: ''Mi augurerei una decisa svolta nell'impegno''
Problema: alunno con difficoltà di argomentazione
Soluzione: ''Necessiti di un impegno più rigoroso''
Problema: alunno con povertà di lessico
Soluzione: ''E' necessario un impegno sostenuto''
Problema: alunno non vedente
Soluzione: ''Vedi di impegnarti di più''
Problema: alunno sordomuto
Soluzione: ''Servirebbe un impegno più sentito''
Problema: alunno con problemi di mobilità
Soluzione: ''Mi aspetto un deciso balzo in avanti nell'impegno''
Anche alla radio
Domani pomeriggio dalle ore 15.00 alle ore 16.00 mi potrete ascoltare su Radio Giovane Sicilia.
Se, incoscienti che non siete altro, voleste ascoltare le fandonie che andrò a sparare ai quattro venti in compagnìa di Damiano e Riccardo, due ex miei incoscienti alunni, potete andare su
www.radio.giovanesicilia.it
Declino però ogni responsabilità
Se, incoscienti che non siete altro, voleste ascoltare le fandonie che andrò a sparare ai quattro venti in compagnìa di Damiano e Riccardo, due ex miei incoscienti alunni, potete andare su
www.radio.giovanesicilia.it
Declino però ogni responsabilità
domenica 8 febbraio 2009
Lezioni dal mare 3
Ho un fratello che, come me, va per mare ma, a differenza di me, è velista. Ora, se non li conoscete, non potete neppur minimamente immaginare quante arie si diano sti velisti, quanto siano snob, quanto, per dirla papale papale si sentano un czz e mzz. Quando per caso mio fratello mi presenta a un suo amico velista il dialogo si svolge pressappoco così:
- Ti presento, mio fratello. Anche lui va per mare. Ha una piccola barca a motore.
- Ah - è la rispsta laconica dell'amico. Come dire ''Che ci vuoi fare, caro mio, anch'io in famiglia ho un parente debosciato, tossicodipendente, pluripregiuicato, pedofilo e stupratore di bambine.''
Comunque sia, per pura pietà ti fanno salire sulla loro barca (la più schifosa è lunga 15 metri) e, volutamente, cominciano a parlare tra di loro utilizzando il loro gergo, che ti esclude completamente dalla conversazione perchè assolutamente incomprensibile.
Eccone due brevi esempi.
'' L'altra volta, a causa del maltempo sono dovuto andare in cappa. Ho cazzato le vele sopravento e ho fissato il timone in modo di andare all'orza; così la barca scarrocciava un pò creando però una zona di remora sopravento''.
Capito nulla? Oppure.
''Ora vediamo di atterrare. Dobbiamo passare accanto a quella meda gialla, prendere, con il mezzo marinaio, la cima fissata al corpo morto, tenendola lasca alla galloccia di prua, quella di dritta però, e facendola poi scorrere sotto l'opera morta per poi riprenderla di poppa e fissarla alla bitta con una gassa d'amante''.
Se a questo punto ti giri intorno cercando vanamente un marinaio molto basso, una specie di nano, nascosto chissà in quale anfratto della barca, la frittata è fatta. Cominciano a fissarti con quello sguardo di superiorità come per dire ''Ma sto buzzurro qui da dove viene'' e pensano ''Ma come si fa a campare senza sapere cos'è il mezzo marinaio'' e, per il resto della navigazione, non ti cacano più.
- Ah - è la rispsta laconica dell'amico. Come dire ''Che ci vuoi fare, caro mio, anch'io in famiglia ho un parente debosciato, tossicodipendente, pluripregiuicato, pedofilo e stupratore di bambine.''
Comunque sia, per pura pietà ti fanno salire sulla loro barca (la più schifosa è lunga 15 metri) e, volutamente, cominciano a parlare tra di loro utilizzando il loro gergo, che ti esclude completamente dalla conversazione perchè assolutamente incomprensibile.
Eccone due brevi esempi.
'' L'altra volta, a causa del maltempo sono dovuto andare in cappa. Ho cazzato le vele sopravento e ho fissato il timone in modo di andare all'orza; così la barca scarrocciava un pò creando però una zona di remora sopravento''.
Capito nulla? Oppure.
''Ora vediamo di atterrare. Dobbiamo passare accanto a quella meda gialla, prendere, con il mezzo marinaio, la cima fissata al corpo morto, tenendola lasca alla galloccia di prua, quella di dritta però, e facendola poi scorrere sotto l'opera morta per poi riprenderla di poppa e fissarla alla bitta con una gassa d'amante''.
Se a questo punto ti giri intorno cercando vanamente un marinaio molto basso, una specie di nano, nascosto chissà in quale anfratto della barca, la frittata è fatta. Cominciano a fissarti con quello sguardo di superiorità come per dire ''Ma sto buzzurro qui da dove viene'' e pensano ''Ma come si fa a campare senza sapere cos'è il mezzo marinaio'' e, per il resto della navigazione, non ti cacano più.
Addict
Non so più che fare, dove andare. Per tutto il giorno sono rimasto chiuso nella mia stanza. Non ho voglia di mangiare, non riesco a dormire, non intendo vedere nè sentire nessuno. Ne ho bisogno, ne sento la mancanza. Me lo aveva detto, chi ci era passato, che sarebbe stata dura, ma non pensavo di ridurmi in questo stato. Si tratta di due soli giorni, ce la farai facilmente, pensavo, ma le cose non sono andate per come previsto. Sì, è facile per voi giudicare dal di fuori, come mia madre che mi dice "Guarda come ti sei ridotto, hai perso la tua dignità. Esci, vai a trovare gli amici. Cerca di svagarti". Ma quali amici, ma quale svago. Proprio gli amici, belli loro! Se li vado a trovare è peggio. Mi sfotteranno a morte e forse mi daranno il loro, me lo faranno usare ma per poco ed io invece ne ho un assoluto bisogno. Deve essere solo per me, devo poterl prendere e usare quando e come voglio, stringerlo in mano e farlo vedere a tutti. No, non potete capire quello che significa non esserne in possesso. Glielo avevo detto ai miei che averne uno non era sufficiente. Bisogna tenerne in a casa uno di riserva per tutte le evenienze, per i casi eccezionali, come questo. ''Che ce ne facciamo, spendiamo soldi inutili....'' Ecco, adesso forse lsi saranno ricreduti. Avranno visto come mi sono ridotto per colpa loro!
Se penso che è solamente l'una di notte. E domani prima delle 9 non mi sarà possibile averlo. Quello stronzo di fornitore! Mi ha detto: "Mica ci sei solo tu. Me ne occuperò in serata, giusto perchè insisti. Ma prima delle 9 non potrai averlo" . Con tutto quello che ho speso. E mi ero informato bene, avevo chiestao agli amici, ho voluto sapere chi era il miglior fornitore. E proprio da lui, dal boss ero andato e lui mi aveva assicurato che per almeno tre anni non mi sarei fatto più vedere, che quello che mi stava vendendo era il top. Ma quali tre anni. Non sono passsati neppure tre mesi. Si, è vero, ho esagerato, l'ho utilizzato molto, senza sosta, giorno e notte, dividendolo con gli amici. E' questo è stato l'errore che non farò mai più. Ma comunque tre mesi sono stati troppo pochi. Ma lui rideva, rideva. ''Si vede che hai esagerato. La prossima volta usalo solo per te e vedrai che non avrai problemi''. Stronzo!
Sta di fatto che sono qui, distrutto, solo, con lo stomaco in rivolta senza voglia di di far nulla, in crisi profonda. Il vuoto cosmico dentro e fuori di me. Altre 8 ore almeno di sofferenza mi aspettano, tutta la notte da solo contando le ore, i minuti, i secondi . Ma quando lo avrò di nuovo potrò finalmente riascoltare le sue 150 suonerìe, mandare i 5000 SMS mensili, parlare con i miei amici che stanno dall'altra parte della strada, chattare in libertà, navigare in internet per scaricare altre suonerìe e seguire Il Grande Fratello. Il mio Nokia riparato sarà di nuovo tra le mie braccia!
Se penso che è solamente l'una di notte. E domani prima delle 9 non mi sarà possibile averlo. Quello stronzo di fornitore! Mi ha detto: "Mica ci sei solo tu. Me ne occuperò in serata, giusto perchè insisti. Ma prima delle 9 non potrai averlo" . Con tutto quello che ho speso. E mi ero informato bene, avevo chiestao agli amici, ho voluto sapere chi era il miglior fornitore. E proprio da lui, dal boss ero andato e lui mi aveva assicurato che per almeno tre anni non mi sarei fatto più vedere, che quello che mi stava vendendo era il top. Ma quali tre anni. Non sono passsati neppure tre mesi. Si, è vero, ho esagerato, l'ho utilizzato molto, senza sosta, giorno e notte, dividendolo con gli amici. E' questo è stato l'errore che non farò mai più. Ma comunque tre mesi sono stati troppo pochi. Ma lui rideva, rideva. ''Si vede che hai esagerato. La prossima volta usalo solo per te e vedrai che non avrai problemi''. Stronzo!
Sta di fatto che sono qui, distrutto, solo, con lo stomaco in rivolta senza voglia di di far nulla, in crisi profonda. Il vuoto cosmico dentro e fuori di me. Altre 8 ore almeno di sofferenza mi aspettano, tutta la notte da solo contando le ore, i minuti, i secondi . Ma quando lo avrò di nuovo potrò finalmente riascoltare le sue 150 suonerìe, mandare i 5000 SMS mensili, parlare con i miei amici che stanno dall'altra parte della strada, chattare in libertà, navigare in internet per scaricare altre suonerìe e seguire Il Grande Fratello. Il mio Nokia riparato sarà di nuovo tra le mie braccia!
sabato 7 febbraio 2009
Non è solo bricolage
Una vita priva di passioni che vita è? Naturalmente le passioni possono essere di vari tipi. Qui voglio parlare della passione per le idee.
E' facile appassionarsi alle cose, un pò meno alle persone, ma alle idee è ancora più difficile. La mia generazione è cresciuta a pane e idee, anche se alcuni dei miei coetanei si sono ritrovati su strade sbagliate per seguire troppo appassionatamente le proprie idee.
Ma la mancanza di passione per le idee è, a mio parere, peggiore. Credo che ci si debba appassionare alle idee perchè questo significa costruire un percorso personale che viene fuori da un desiderio interno, da un impulso che spinge a mettersi sempre in gioco, a dover cercare dentro e fuori di sè.Faccio un esempio banale per rendere il tutto più chiaro. Per un certo periodo di tempo mi è venuta la passione (mai dimenticata ma solo messa momentaneamente da parte) di realizzare piccoli mobili per la casa. Nella mia breve ma intensa carriera di mobiliere, ho realizzato due librerie a parete, un tavolino da computer, un mobile porta CD, una vetrinetta per la stanza delle mie figlie., qualche mensola. Naturalmente questa mia passione soddisfaceva a una mia esigenza personale. La mia professione di docente, tutta dedicata alla formazione degli alunni e quindi tutt'altro che manuale, lasciava scoperta in me l'altra parte del mio carattere che è più concreta, pratica, direi manuale. Da qui la mia passione. Ma per coltivare questa passione ho dovuto dedicarvi tempo, volontà, applicazione mentale e ricerca per ottenere risultati, non certo professionali, ma almeno accettabili. Ho dovuto documentarmi, predisporre il disegno del mobile che volevo realizzare, con le sue misure e proporzioni, gli accessori da scegliere, il tipo di legname necessario, le vernici ecc. Ma una volta ultimato il manufatto (così chiamato perchè fatto con le mani) ho avuto la soddisfazione di aver fatto qualcosa di concreto, di vedere realizzata la mia idea iniziale .
Due ultime considerazioni: la passione prevede sempre un percorso attivo e non solo passivo (non è passione utile quella di guardare tutti i possibili programmi che parlano di calcio quanto quella di praticarlo); seconda considerazione la passione non deve mai sfociare nella monomanìa, non deve mai essere esagerata perchè sennò si rischia presto l'assuefazione, la stanchezza e quindi l'abbandono. Coltivare una passione, ha la sua ricompensa nel vedere realizzata, concretizzata l'idea iniziale .
Ma la mancanza di passione per le idee è, a mio parere, peggiore. Credo che ci si debba appassionare alle idee perchè questo significa costruire un percorso personale che viene fuori da un desiderio interno, da un impulso che spinge a mettersi sempre in gioco, a dover cercare dentro e fuori di sè.Faccio un esempio banale per rendere il tutto più chiaro. Per un certo periodo di tempo mi è venuta la passione (mai dimenticata ma solo messa momentaneamente da parte) di realizzare piccoli mobili per la casa. Nella mia breve ma intensa carriera di mobiliere, ho realizzato due librerie a parete, un tavolino da computer, un mobile porta CD, una vetrinetta per la stanza delle mie figlie., qualche mensola. Naturalmente questa mia passione soddisfaceva a una mia esigenza personale. La mia professione di docente, tutta dedicata alla formazione degli alunni e quindi tutt'altro che manuale, lasciava scoperta in me l'altra parte del mio carattere che è più concreta, pratica, direi manuale. Da qui la mia passione. Ma per coltivare questa passione ho dovuto dedicarvi tempo, volontà, applicazione mentale e ricerca per ottenere risultati, non certo professionali, ma almeno accettabili. Ho dovuto documentarmi, predisporre il disegno del mobile che volevo realizzare, con le sue misure e proporzioni, gli accessori da scegliere, il tipo di legname necessario, le vernici ecc. Ma una volta ultimato il manufatto (così chiamato perchè fatto con le mani) ho avuto la soddisfazione di aver fatto qualcosa di concreto, di vedere realizzata la mia idea iniziale .
Naturalmente l'esempio può essere anche applicato ad iniziative che non prevedano solo la realizzazione di un oggetto materiale. Con la stessa soddisfazione finale ho realizzato (e sto tuttora realizzando) progetti rivolti agli alunni della mia scuola che ho pensato, immaginato e ideato nelle differenti parti avendo dentro di me quella voglia, quella passione per l'appunto, che penso mi abbia sempre spinto a fare qualcosa di utile.
Ma coltivare la passione è più bello se coinvolge anche gli altri. Che farsene di un mobile se lo utilizzi solo per te oppure che vale realizzare un progetto che ti vede quale unico beneficiario dell'azione. No, per me non va! Sono molto più motivato a coltivare una passione se prevedo che possa avere una ricaduta positiva sugli altri oltre che su di me.Due ultime considerazioni: la passione prevede sempre un percorso attivo e non solo passivo (non è passione utile quella di guardare tutti i possibili programmi che parlano di calcio quanto quella di praticarlo); seconda considerazione la passione non deve mai sfociare nella monomanìa, non deve mai essere esagerata perchè sennò si rischia presto l'assuefazione, la stanchezza e quindi l'abbandono. Coltivare una passione, ha la sua ricompensa nel vedere realizzata, concretizzata l'idea iniziale .
martedì 3 febbraio 2009
Lezioni dal mare 2
Il mare è splendido, una tavola. Da tre giorni circa le condizioni atmosferiche sono immutate. Altro che Caraibi, un paradiso. Davanti la consolle, si vedono le lenze scorrere in mare, tenute giù dall'affondatore. L'andatura lenta di 2/3 nodi concilia il sonno del pomeriggio. Una bellissima giornata di mare. Gli altri, distesi sulla cuscinerìa di prua, dormicchiano beati, in parte coperti dal tendalino per cercare di schermare la forza del sole che, anche se sono le cinque del pomeriggio, picchia ancora duro sulla pelle.
Ora bisogna rientrare. Un breve calcolo nella mente. Con questo mare si possono tenere tranquillamente i 15 nodi di media. Come minimo. In meno di mezz'ora si rientra in porto.
Nessuno tocchi niente. Non ci si può fidare di questi principianti. Eppoi c'è una sacralità che bisogna rispettare. Mica puoi raccogliere la sagola così come capita. E se poi devi scioglierla rapidamente? Se non lo fai bene ti ritrovi con una serie di nodi da districare. Niente da fare. Tutti fermi. Non vi azzardate a toccare nulla. Incompetenti. Tutti devono sempre ricordare che il comandante è sempre, perennemente, coscientemente incazzato. Ce l'ha con tutti, perchè nessuno, dico nessuno, sa fare le cose bene. E se anche per caso qualcuno ci riuscisse, compito precipuo del capitano è quello di incazzarsi comunque. E cazziare, cazziare sempre e tutti.
Si parte. Il carico va distribuito bene. Metti sotto il secchio, assicura la sagola alla consolle, niente agitazione. Poi solo il rumore del motore. Su il trim, giusto quanto serve a fare planare questa barca.
In fondo all'orizzonte però, qualcosa non quadra. Troppe nuvole scure, minacciose improvvise. Tempo cinque minuti un vento fastidioso, teso e di prua. Viene dritto da sud-est, esattamente dove c'è il porto e reca con se dapprima delle increspature, poi della onde sempre più fitte e profonde. Ecco la punta di Capo Gallo; cominciano le maledizioni. Non si può dimenticare di consultare le previsioni, neanche per una giornata, neanche per mezza giornata.
La barca è preoccupata. Guardano senza parlare, aspettano.
E' impossibile prendere direzione sud-est, troppo pericoloso. Si deve virare verso est, verso il mare aperto e, senza esitazioni. Giù i giri del motore, indosso i giubotti di salvataggio. Tenuti al tientibene. E soprattutto niente panico. Tutti guardano preoccupati perchè la direzioine allontana la barca dalla mèta, dalla riva. Non sempre però la via più corta porta verso il paradiso.
Altro che 15 nodi, se va bene si va a 4/5 nodi , velocità da traina o quasi. Più la barca si allontana dalla riva più la tensione cresce. Il mare però, preso di mascone, è meno ruvido, più addomesticabile e soprattutto sbatte di meno sulla chiglia, abbaia ma non morde. La barca scende lentamente nel cavo delle onde e quando tocca il punto più basso, la riva scompare alla vista. E scompare anche il porto che ora si vede di dritta e non di prua. Altra virata. Questa volta il mare lo prendi di babordo ed è meno aspro. Il punto di vista cambia all'improvviso, il suo colore sembra meno cupo. Un'occhiata alla lancetta della benzina. Nessun problema.
Ancora mezz'ora di sofferenza poi l'attracco, la stanchezza nelle ossa. Nessun applauso ma gli sguardi grati come ricompensa per la fatica. Il ragazzo del moletto ti sfotte 'Che professo. Stasira un si vuliva arricampari?'. Le parole e il tono di Franco, invece, tradiscono una preoccupazione tenuta dentro per un pò. 'Un ci funziona u telefonino?'
Leghi la barca, aggiungi una nuova cima. Forse stanotte gira a Greco. 'Franco, si ci su problemi, isassi a varca'.
Raccogli le trusce e ti avvii. In mare non ci sono taverne.
Nessuno tocchi niente. Non ci si può fidare di questi principianti. Eppoi c'è una sacralità che bisogna rispettare. Mica puoi raccogliere la sagola così come capita. E se poi devi scioglierla rapidamente? Se non lo fai bene ti ritrovi con una serie di nodi da districare. Niente da fare. Tutti fermi. Non vi azzardate a toccare nulla. Incompetenti. Tutti devono sempre ricordare che il comandante è sempre, perennemente, coscientemente incazzato. Ce l'ha con tutti, perchè nessuno, dico nessuno, sa fare le cose bene. E se anche per caso qualcuno ci riuscisse, compito precipuo del capitano è quello di incazzarsi comunque. E cazziare, cazziare sempre e tutti.
Si parte. Il carico va distribuito bene. Metti sotto il secchio, assicura la sagola alla consolle, niente agitazione. Poi solo il rumore del motore. Su il trim, giusto quanto serve a fare planare questa barca.
In fondo all'orizzonte però, qualcosa non quadra. Troppe nuvole scure, minacciose improvvise. Tempo cinque minuti un vento fastidioso, teso e di prua. Viene dritto da sud-est, esattamente dove c'è il porto e reca con se dapprima delle increspature, poi della onde sempre più fitte e profonde. Ecco la punta di Capo Gallo; cominciano le maledizioni. Non si può dimenticare di consultare le previsioni, neanche per una giornata, neanche per mezza giornata.
La barca è preoccupata. Guardano senza parlare, aspettano.
E' impossibile prendere direzione sud-est, troppo pericoloso. Si deve virare verso est, verso il mare aperto e, senza esitazioni. Giù i giri del motore, indosso i giubotti di salvataggio. Tenuti al tientibene. E soprattutto niente panico. Tutti guardano preoccupati perchè la direzioine allontana la barca dalla mèta, dalla riva. Non sempre però la via più corta porta verso il paradiso.
Altro che 15 nodi, se va bene si va a 4/5 nodi , velocità da traina o quasi. Più la barca si allontana dalla riva più la tensione cresce. Il mare però, preso di mascone, è meno ruvido, più addomesticabile e soprattutto sbatte di meno sulla chiglia, abbaia ma non morde. La barca scende lentamente nel cavo delle onde e quando tocca il punto più basso, la riva scompare alla vista. E scompare anche il porto che ora si vede di dritta e non di prua. Altra virata. Questa volta il mare lo prendi di babordo ed è meno aspro. Il punto di vista cambia all'improvviso, il suo colore sembra meno cupo. Un'occhiata alla lancetta della benzina. Nessun problema.
Ancora mezz'ora di sofferenza poi l'attracco, la stanchezza nelle ossa. Nessun applauso ma gli sguardi grati come ricompensa per la fatica. Il ragazzo del moletto ti sfotte 'Che professo. Stasira un si vuliva arricampari?'. Le parole e il tono di Franco, invece, tradiscono una preoccupazione tenuta dentro per un pò. 'Un ci funziona u telefonino?'
Leghi la barca, aggiungi una nuova cima. Forse stanotte gira a Greco. 'Franco, si ci su problemi, isassi a varca'.
Raccogli le trusce e ti avvii. In mare non ci sono taverne.
domenica 1 febbraio 2009
Beckembauer
Ognuno di noi esprime se stesso in tutti i modi possibili. Mi spiego meglio. Se uno è cretino come farà a guidare in modo intelligente? Forse tecnicamente e anche istintivamente avrà anche una buona pratica della guida, ma quando dovrà districarsi nel traffico e fare delle scelte farà scelte da cretino.
Durante la settimana gioco a calcetto sempre con le stesse persone, per lo più adulte (io sono quasi il più vecchio della compagnìa, sob!). Datosi quindi che ci conosciamo da un pò, per noi dovrebbe essere facile capire l'intenzione altrui. E spesso è così. Così c'è per esempio quello che ama dribblare per cui, messa giù la testa, parte a spron battuto verso la porta. Siccome è mancino puro, basta portarlo regolarmente verso la parte sinistra, sempre più a sinistra, inevitabilmente a sinistra per fargli perdere la palla. E alla fine s'inczz con i compagni , dicendo loro 'Non vi fate vedere mai'. Poi c'è quello che pesa 100 kg circa e che per tutta la partita cerca solo di farti il tunnel. Non gli interessa vincere o perdere: gode solo quando può tornare a casa soddisfatto per averti fatto almeno un tunnel. Che dire di quello che, appena fischiato l'inizio della partita, parte a razzo con pressing, sgroppate sulle fasce, rientri in difesa. Dopo 10 minuti è già spompato. Basta farlo girare insieme al pallone e lo metti KO quasi subito. C'è anche lo scarpone, cioè quello che, scarso di tecnica, deve solo buttarla sulla rissa. Qualsiasi cosa tu gli dica da 'Che ore sono?' a 'Che begli occhi hai' ti risponde sempre con la frase standard 'Tirumpututtikuorna', rivolgendola anche ai compagni di squadra, se necessario. Non dimentico il 'turillusu' (o tirillusi) simile al tipo di prima ma che resta nell'ambito della disputa verbale lamentandosi per ogni fesseria. Naturalmente se la cosa lo riguarda ha sempre ragione lui (falli, rimesse, corner, rigori tutto gli spetta per principio); gli altri hanno sempre torto.
Personalmente, vista l'età sono costretto a dover centellinare le energie. "Niente dribbling nè prima nè dopo i pasti" mi ha imposto il medico "troppo faticosi". E allora il mio "prio" (piacere) sta nel fare circolare la palla. Sono il vigile urbano della mia metà campo, ma non oso varcarla perchè c'è il rischio del non ritorno. Pare che io sia apprezzato per questa mia capacità che sfrutto perchè, potendo usare poco le gambe, cerco di compensare con il cervello. Provo anche a prevedere quello che faranno i miei avversari per prenderli in contropiede (oggi queste azioni si chiamano 'ripartenze'). Gioco un passo indietro gli altri, quindi da vecchio 'libero' (oggi si chiama difensore centrale) con diritto di sganciamento moderato. Ma la catena con la quale sono legato è corta per cui arrivato alla linea di metà campo mi sento strattonare e sono costretto a fermarmi.
Alla fine mi chiedo se si può ancora definire calcetto quello che facciamo o se abbiamo inventato una nuova forma di spettacolo comico.
Durante la settimana gioco a calcetto sempre con le stesse persone, per lo più adulte (io sono quasi il più vecchio della compagnìa, sob!). Datosi quindi che ci conosciamo da un pò, per noi dovrebbe essere facile capire l'intenzione altrui. E spesso è così. Così c'è per esempio quello che ama dribblare per cui, messa giù la testa, parte a spron battuto verso la porta. Siccome è mancino puro, basta portarlo regolarmente verso la parte sinistra, sempre più a sinistra, inevitabilmente a sinistra per fargli perdere la palla. E alla fine s'inczz con i compagni , dicendo loro 'Non vi fate vedere mai'. Poi c'è quello che pesa 100 kg circa e che per tutta la partita cerca solo di farti il tunnel. Non gli interessa vincere o perdere: gode solo quando può tornare a casa soddisfatto per averti fatto almeno un tunnel. Che dire di quello che, appena fischiato l'inizio della partita, parte a razzo con pressing, sgroppate sulle fasce, rientri in difesa. Dopo 10 minuti è già spompato. Basta farlo girare insieme al pallone e lo metti KO quasi subito. C'è anche lo scarpone, cioè quello che, scarso di tecnica, deve solo buttarla sulla rissa. Qualsiasi cosa tu gli dica da 'Che ore sono?' a 'Che begli occhi hai' ti risponde sempre con la frase standard 'Tirumpututtikuorna', rivolgendola anche ai compagni di squadra, se necessario. Non dimentico il 'turillusu' (o tirillusi) simile al tipo di prima ma che resta nell'ambito della disputa verbale lamentandosi per ogni fesseria. Naturalmente se la cosa lo riguarda ha sempre ragione lui (falli, rimesse, corner, rigori tutto gli spetta per principio); gli altri hanno sempre torto.
Personalmente, vista l'età sono costretto a dover centellinare le energie. "Niente dribbling nè prima nè dopo i pasti" mi ha imposto il medico "troppo faticosi". E allora il mio "prio" (piacere) sta nel fare circolare la palla. Sono il vigile urbano della mia metà campo, ma non oso varcarla perchè c'è il rischio del non ritorno. Pare che io sia apprezzato per questa mia capacità che sfrutto perchè, potendo usare poco le gambe, cerco di compensare con il cervello. Provo anche a prevedere quello che faranno i miei avversari per prenderli in contropiede (oggi queste azioni si chiamano 'ripartenze'). Gioco un passo indietro gli altri, quindi da vecchio 'libero' (oggi si chiama difensore centrale) con diritto di sganciamento moderato. Ma la catena con la quale sono legato è corta per cui arrivato alla linea di metà campo mi sento strattonare e sono costretto a fermarmi.
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