Il bar era gremito all'inverosimile. Nella confusione scorse il viso di una persona che non avrebbe mai voluto vedere, quello di Carmelo, della famiglia dei C., un killer spietato, autore di numerosi omicidi. Una bestia.
Era lì per lui, ne era certo. Troppo sangue era corso ultimamente tra le famiglie, troppi regolamenti di conto e lui ne era stato protagonista. Del resto uno dei suoi "amici" glielo aveva detto: "Ho sentito cose brutte su di te. Statti accorto"
Senza dare nell'occhio, raggiunse il bagno del locale e di lì gli fu facile scavalcare la bassa finestra e dileguarsi nelle viuzze del quartiere del vecchio porto. Evitò di recuperare la macchina (troppo vista in giro), si disfece del telefonino e, al primo negozio utile, acquistò un rasoio elettrico che utilizzò nelle toilettes di un bar della periferia per radersi barba e baffi e tagliare cortissimi i suoi lunghi capelli. Un cappellino di lana e ampi occhiali da sole completarono il travestimento. Neanche sua madre lo avrebbe riconosciuto.
Con uno dei falsi documenti che portava sempre con sè, affittò un'auto con la quale lasciò immediatamente la città. La abbandonò poi in uno degli ultimi autogrill dell'autostrada prima di Messina per farsi dare un passaggio da un camionista che lo portò alla stazione marittima. Qui si imbarcò sul traghetto per Reggio e successivamente afferrò il primo treno utile per il nord seguendo però l'adriatica, sicuramente meno battuta della tirrenica.
Cambiando continuamente itinerari e mezzi di trasporto, per far perdere ogni possibile traccia di sè, si ritrovò a varcare il confine nazionale al Brennero. Il suo obiettivo era Nossen, una cittadina tedesca posta a pochi chilometri da Dresda dove avrebbe incontrato Gaetano uno della famiglia, che gestiva lì un ristorante italiano e che, soprattutto, gli avrebbe potuto garantire una copertura, almeno sino a quando le acque non si sarebbero placate.
In un modo o nell'altro riuscì ad avere l'indirizzo esatto del luogo e vi si recò subito.
Il locale sembrava molto frequentato, visto il numero delle macchine parcheggiate nel piazzale.
Entrò e chiese del principale. La sala era strapiena; per lo più siciliani che si facevano riconoscere per il loro vociare.
Gaetano arrivò quasi subito e lui si presentò, citando i nomi giusti e cercando di dire il meno possibile per evitare di esporsi troppo. Quell'altro si esprimeva a monosillabi e pareva stranamente interdetto. Gli chiese di aspettarlo lì, e si avviò verso una porta a vetri su cui campava la scritta "privat". Da lontano lo vide, di spalle, fare due brevi telefonate. Poi riapparse. Gli sembrò alquanto infastidito. In breve, gli disse di avere provveduto: sarebbero passati a prenderlo tra qualche minuto due "amici" in una BMW grigio metallizzata. Meglio aspettare fuori, gli disse.
Uscì dal locale e dopo poco l'auto si appalesò dal nulla. Il guidatore gli fece cenno di avvicinarsi poi lo invitò a salire. Mentre montava dietro, ebbe la netta sensazione che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Dopo qualche giorno, a Palermo, i familiari decunciarono la sua scomparsa, ma di lui non si seppe più nulla. I suoi resti riposano in un boschetto di betulle vicino il castello di Nossen.
(Liberamente tratto da "Samarcanda" di Roberto Vecchioni.)
Era lì per lui, ne era certo. Troppo sangue era corso ultimamente tra le famiglie, troppi regolamenti di conto e lui ne era stato protagonista. Del resto uno dei suoi "amici" glielo aveva detto: "Ho sentito cose brutte su di te. Statti accorto"
Senza dare nell'occhio, raggiunse il bagno del locale e di lì gli fu facile scavalcare la bassa finestra e dileguarsi nelle viuzze del quartiere del vecchio porto. Evitò di recuperare la macchina (troppo vista in giro), si disfece del telefonino e, al primo negozio utile, acquistò un rasoio elettrico che utilizzò nelle toilettes di un bar della periferia per radersi barba e baffi e tagliare cortissimi i suoi lunghi capelli. Un cappellino di lana e ampi occhiali da sole completarono il travestimento. Neanche sua madre lo avrebbe riconosciuto.
Con uno dei falsi documenti che portava sempre con sè, affittò un'auto con la quale lasciò immediatamente la città. La abbandonò poi in uno degli ultimi autogrill dell'autostrada prima di Messina per farsi dare un passaggio da un camionista che lo portò alla stazione marittima. Qui si imbarcò sul traghetto per Reggio e successivamente afferrò il primo treno utile per il nord seguendo però l'adriatica, sicuramente meno battuta della tirrenica.
Cambiando continuamente itinerari e mezzi di trasporto, per far perdere ogni possibile traccia di sè, si ritrovò a varcare il confine nazionale al Brennero. Il suo obiettivo era Nossen, una cittadina tedesca posta a pochi chilometri da Dresda dove avrebbe incontrato Gaetano uno della famiglia, che gestiva lì un ristorante italiano e che, soprattutto, gli avrebbe potuto garantire una copertura, almeno sino a quando le acque non si sarebbero placate.
In un modo o nell'altro riuscì ad avere l'indirizzo esatto del luogo e vi si recò subito.
Il locale sembrava molto frequentato, visto il numero delle macchine parcheggiate nel piazzale.
Entrò e chiese del principale. La sala era strapiena; per lo più siciliani che si facevano riconoscere per il loro vociare.
Gaetano arrivò quasi subito e lui si presentò, citando i nomi giusti e cercando di dire il meno possibile per evitare di esporsi troppo. Quell'altro si esprimeva a monosillabi e pareva stranamente interdetto. Gli chiese di aspettarlo lì, e si avviò verso una porta a vetri su cui campava la scritta "privat". Da lontano lo vide, di spalle, fare due brevi telefonate. Poi riapparse. Gli sembrò alquanto infastidito. In breve, gli disse di avere provveduto: sarebbero passati a prenderlo tra qualche minuto due "amici" in una BMW grigio metallizzata. Meglio aspettare fuori, gli disse.
Uscì dal locale e dopo poco l'auto si appalesò dal nulla. Il guidatore gli fece cenno di avvicinarsi poi lo invitò a salire. Mentre montava dietro, ebbe la netta sensazione che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Dopo qualche giorno, a Palermo, i familiari decunciarono la sua scomparsa, ma di lui non si seppe più nulla. I suoi resti riposano in un boschetto di betulle vicino il castello di Nossen.
(Liberamente tratto da "Samarcanda" di Roberto Vecchioni.)
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