Caro amico
ti scrivo di ritorno da un viaggio di lavoro.
Devo dirti che più passa il tempo e meno ho voglia di partire.
No, non è la stanchezza, nè tantomeno il tempo che passa e neppure la voglia di tornare a casa. Niente di tutto questo. Continuo a partire con grande piacere e, in particolare, quest'ultimo viaggio è stato denso di esperienze positive, di momenti toccanti, anche emozionanti e, come ben sai, le emozioni sono la linfa della nostra piccola esistenza.
No, non è la partenza che mi sconvolge quanto piuttosto il rientro!
Ricordo quando ritornavo a casa dai primi viaggi, fatti in compagnia dei miei genitori. La voglia di casa era grande. Mi ricordo bene il rientro con la nave da Napoli, il lento assaporare della vista della città che lentamente si avvicinava, la percezione dapprima dei contorni poi, lentamente, dei dettagli, la cupola del teatro Massimo che si stagliava nella foschia di una mattina d'estate.
Ma il ritorno, oggi non è più felice come lo era allora. Tutt'altro. Se proprio lo dovessi definire lo chiamerei "penoso" perchè è un senso di pena quello che mi accompagna quando rimetto piede nella nostra città, nel vederla retrocedere giorno dopo giorno, inesorabilmente sprofondata in questo limbo del non essere che la sta consumando.
Vedi, Palermo sta morendo e sembra non accorgersene, ritorta com'è nei suoi piccoli battibecchi da cittaducola di provincia, nel suo rinunciare alla ragione, nella sua voglia di molta furbizia e di scarsa intelligenza, nel suo piccolo accontentarsi dell'oggi per rininciare al domani.
E i nostri migliori figli se ne vanno; con il rammarico e la morte in cuore, l'abbandonano rinunciando a coltivare il sogno di un futuro nella città che li ha visti nascere e crescere.
Palermo muore e fa finta di non accorgersene ritorta com'è in se stessa, capitale del regno del nulla.
Sono troppo vecchio per scappare, mio caro, ed è qui che chiuderò il mio libro. Ma tu che non navighi come me sottocosta ma che ti accingi ad intraprendere la grande traversata della vita, cosa aspetti? Spiega le vele! Chi credi ti aiuterà a scrollarti di dosso il fango che ci sta ricoprendo?
Scappa, finchè sei in tempo, lasciaci affondare. Forse quando saremo finiti nel profondo dell'orrido, solo allora, chissà, riusciremo a risalire la china, ritornando a riveder le stelle.
Ma ci vorrà tempo, troppo tempo, tante generazioni che i miei occhi non potranno coprire.
ti scrivo di ritorno da un viaggio di lavoro.
Devo dirti che più passa il tempo e meno ho voglia di partire.
No, non è la stanchezza, nè tantomeno il tempo che passa e neppure la voglia di tornare a casa. Niente di tutto questo. Continuo a partire con grande piacere e, in particolare, quest'ultimo viaggio è stato denso di esperienze positive, di momenti toccanti, anche emozionanti e, come ben sai, le emozioni sono la linfa della nostra piccola esistenza.
No, non è la partenza che mi sconvolge quanto piuttosto il rientro!
Ricordo quando ritornavo a casa dai primi viaggi, fatti in compagnia dei miei genitori. La voglia di casa era grande. Mi ricordo bene il rientro con la nave da Napoli, il lento assaporare della vista della città che lentamente si avvicinava, la percezione dapprima dei contorni poi, lentamente, dei dettagli, la cupola del teatro Massimo che si stagliava nella foschia di una mattina d'estate.
Ma il ritorno, oggi non è più felice come lo era allora. Tutt'altro. Se proprio lo dovessi definire lo chiamerei "penoso" perchè è un senso di pena quello che mi accompagna quando rimetto piede nella nostra città, nel vederla retrocedere giorno dopo giorno, inesorabilmente sprofondata in questo limbo del non essere che la sta consumando.
Vedi, Palermo sta morendo e sembra non accorgersene, ritorta com'è nei suoi piccoli battibecchi da cittaducola di provincia, nel suo rinunciare alla ragione, nella sua voglia di molta furbizia e di scarsa intelligenza, nel suo piccolo accontentarsi dell'oggi per rininciare al domani.
E i nostri migliori figli se ne vanno; con il rammarico e la morte in cuore, l'abbandonano rinunciando a coltivare il sogno di un futuro nella città che li ha visti nascere e crescere.
Palermo muore e fa finta di non accorgersene ritorta com'è in se stessa, capitale del regno del nulla.
Sono troppo vecchio per scappare, mio caro, ed è qui che chiuderò il mio libro. Ma tu che non navighi come me sottocosta ma che ti accingi ad intraprendere la grande traversata della vita, cosa aspetti? Spiega le vele! Chi credi ti aiuterà a scrollarti di dosso il fango che ci sta ricoprendo?
Scappa, finchè sei in tempo, lasciaci affondare. Forse quando saremo finiti nel profondo dell'orrido, solo allora, chissà, riusciremo a risalire la china, ritornando a riveder le stelle.
Ma ci vorrà tempo, troppo tempo, tante generazioni che i miei occhi non potranno coprire.
1 commento:
onore al poeta errante...
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